Il 20 settembre 2011 forse sara' ricordato in Italia, perche' segna l'inizio del processo contro sette esperti italiani di terremoti, fra cui Enzo Boschi, direttore dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). L'accusa e' pesante: strage, per avere fornito informazioni "incomplete, imprecise e contradditorie" alla popolazione poco prima del terremoto che sconvolse l'Aquila nell' aprile 2009. La notizia ha lasciato talmente interdetti gli ambienti accademici, da occupare due piene pagine di Science (3 June 2011: Vol. 332 no. 6034 pp. 1135-1136, vedi sotto).
Secondo gli accusatori, la prova di colpevolezza sarebbe il meeting tenutosi 6 giorni prima del terremoto, che includeva i sette citati in guidizio, che sono i membri della Commissione Grandi Rischi, più politici locali e altri membri della Protezione Civile. Il meeting si concluse con un documento in cui si diceva che la serie di piccole scosse, che sarebbero culminate con una scossa di magnitudo 4.0 il giorno prima del sisma, non costituivano prova scientifica che un terremoto più grande fosse in arrivo. Questo documento di fatto rigettava l'ipotesi ventilata dal tecnico INFN Gioacchino Giuliani, che sulla base di misure di gas Radon riteneva di potere prevedere che un terremoto invece fosse in arrivo.
La decisione dei giudici italiani ha lasciato a bocca aperta, e in qualche caso, decisamente irritato, scienziati sparsi in tutto il mondo: l'AAAS (l'editor di Science), invio' gia' nel giugno 2010 una lettera aperta al presidente Giorgio Napolitano, dicendo fra l'altro che allo stato attuale delle ricerche non esiste un metodo per prevedere i terremoti che possa essere usato in modo affidabile per mettere in allerta la popolazione su un rischio imminente. Sulla base di questo, continua la lettera aperta, e' evidentemente ingiusto accusare degli scienziati di non avere agito sulla base di informazioni che la comunita' scientifica internazionale considerano inadeguate per allertare la protezione civile.
Infine, un'azione legale contro degli scienziati potrebbe avere un effetto drammatico sui ricercatori, impedendo la libera circolazione di idee che e' condizione irrinunciabile per il progresso scientifico e scoraggiandoli dall'intervenire in materia di pubblico interesse.
Il fatto che i giudici siano andati avanti nonostante tutto, e' ancora piu' grave in considerazione del fatto che la discussione sul problema della previsione dei terremoti e' piu' aperta che mai, dopo il terremoto giapponese del marzo scorso, un caso ancora piu' eclatante di come un livello di bassa attivita' sismica non abbia permesso di prevedere alcunche'. Anzi, il terremoto del Giappone (magnitudine 9) e' avvenuto subito dopo il terremoto indonesiano di Santo Stefano del 2004, e in mezzo il terremoto di magnitudine 8.8 in Cile nel 2010. Prima di questi tre eventi, nulla di simile e' avvenuto per 40 anni.
Secondo gli accusatori, la prova di colpevolezza sarebbe il meeting tenutosi 6 giorni prima del terremoto, che includeva i sette citati in guidizio, che sono i membri della Commissione Grandi Rischi, più politici locali e altri membri della Protezione Civile. Il meeting si concluse con un documento in cui si diceva che la serie di piccole scosse, che sarebbero culminate con una scossa di magnitudo 4.0 il giorno prima del sisma, non costituivano prova scientifica che un terremoto più grande fosse in arrivo. Questo documento di fatto rigettava l'ipotesi ventilata dal tecnico INFN Gioacchino Giuliani, che sulla base di misure di gas Radon riteneva di potere prevedere che un terremoto invece fosse in arrivo.
La decisione dei giudici italiani ha lasciato a bocca aperta, e in qualche caso, decisamente irritato, scienziati sparsi in tutto il mondo: l'AAAS (l'editor di Science), invio' gia' nel giugno 2010 una lettera aperta al presidente Giorgio Napolitano, dicendo fra l'altro che allo stato attuale delle ricerche non esiste un metodo per prevedere i terremoti che possa essere usato in modo affidabile per mettere in allerta la popolazione su un rischio imminente. Sulla base di questo, continua la lettera aperta, e' evidentemente ingiusto accusare degli scienziati di non avere agito sulla base di informazioni che la comunita' scientifica internazionale considerano inadeguate per allertare la protezione civile.
Infine, un'azione legale contro degli scienziati potrebbe avere un effetto drammatico sui ricercatori, impedendo la libera circolazione di idee che e' condizione irrinunciabile per il progresso scientifico e scoraggiandoli dall'intervenire in materia di pubblico interesse.
Il fatto che i giudici siano andati avanti nonostante tutto, e' ancora piu' grave in considerazione del fatto che la discussione sul problema della previsione dei terremoti e' piu' aperta che mai, dopo il terremoto giapponese del marzo scorso, un caso ancora piu' eclatante di come un livello di bassa attivita' sismica non abbia permesso di prevedere alcunche'. Anzi, il terremoto del Giappone (magnitudine 9) e' avvenuto subito dopo il terremoto indonesiano di Santo Stefano del 2004, e in mezzo il terremoto di magnitudine 8.8 in Cile nel 2010. Prima di questi tre eventi, nulla di simile e' avvenuto per 40 anni.