Il 5 maggio di quest'anno la Dorilla e' andata in scena al teatro Malibran a Venezia, sotto la direzione di Diego Fasolis e le scene di Fabio Ceresa. Nel cast dei cantanti spiccava la brava Lucia Cirillo nel ruolo di Elmiro, il "primo uomo" (cioe', cantante castrato) nella terminologia barocca.
--PRIMO ATTO--
L'opera inizia con un coro derivato dal primo tempo della "primavera" dalle "Quattro Stagioni", in sostanza un marchio di fabbrica con cui Vivaldi firma il suo lavoro. I pastori di Tempe, in Tessaglia festeggiano l'arrivo della primavera con canti e balli. Elmiro canta il suo amore per Dorilla, che lo contraccambia, con la bella aria iniziale Mi lusinga il dolce affetto, tratta paro paro dal Catone in Utica di Johann Adolf Hasse. L'atmosfera festosa e' interrotta dai lamenti del re Admeto (Michele Patti, basso): il mostruoso serpente Pitòn (che sembra dialetto veneto...) sta facendo strage degli abitanti della Tessaglia. Dorilla (Manuela Custer, mezzosoprano), figlia del re, suggerisce di consultare l'oracolo, il cui responso e' tremendo: Dorilla deve essere offerta in sacrificio al mostro. Il padre Admeto si lamenta un po', ma in qualche minuto risolve la situazione dicendo a Dorilla: Sì figlia vanne, e mori. Si sa, il comportamente dei padri nel 1700 era abbastanza diverso da oggi, e siamo pur sempre in Veneto! Scende pero' in campo il pastore Nomio (in realta', Apollo sotto mentite spoglie, Véronique Valdès, mezzosoprano), che ammazza il mostro, perche' e' segretamente innamorato di Dorilla, e vuole cosi' ingraziarsi il padre Admeto. Di Elmiro e' invece innamorata anche la ninfa Eudamia (Valeria Girardello, contralto). Eudamia si accorge della passione di Nomio, e cerca di approfittarne per conquistare Elmiro (che pero' non ne vuole sapere di lei). Per complicare l'intreccio, di Eudamia e' innamorato (ma non ricambiato) il pastore Filindo (il "secondo uomo", cantato da Rosa Bove, soprano), che, accortosi dell'inganno di Eudamia, le canta furioso la bellissima aria Rete, lacci e strali adopra (ahime' non e' di Vivaldi, ma di Geminiano Giacomelli) che conclude il primo atto. In quest'aria, Rosa Bove e' un po' sotto le richieste della partitura, soprattutto negli acuti, situazione aggravata dal fatto che durante l'aria la cantante era anche impegnata a mimare la caccia col fucile a una colomba bianca... Filindo esce sdegnato, mentre tutta Tessaglia festeggia la vittoria di Nomio sul serpente Pitòn (coro finale, che e' identico al vaudeville che conclude l'opera Il Giustino).
--SECONDO ATTO--
All'inizio del secondo atto, Fasolis ha avuto l'idea geniale di introdurre un brano dall' "estate" di Vivaldi: non compare nel manoscritto originale, ma e' una libera interpretazione di Fasolis, sulla base del coro che inizia il primo atto. Sulle note dell'"estate", i ballerini di Fattoria Vittadini hanno realizzato coreografie moderne, che sembravano tratte dalla spiaggia di Sottomarina o di Jesolo: tutto sommato pero' gradevoli (soprattutto per il pubblico femminile...). Admeto dimostra la sua riconoscenza verso Nomio, offrendogli il dono che quest'ultimo vorra' indicare, e Nomio ovviamente chiede Dorilla. Dorilla e' disperata, comunica il suo dolore a Elmiro, che le suggerisce di fuggire. Felice invece e' Eudamia, che vede la strada spianata al suo amore per Elmiro (Arsa dai rai cocenti, un vecchio cavallo di battaglia di Vivaldi, che compare anche per il ruolo di Tamiri nel Farnace): a tale scopo, fa spiare Dorilla ed Elmiro dal suo innamorato, Filindo, il quale riferisce tutto al re, scoprendo i due amanti. L'atto si conclude con diversi cori, che rinfrancano lo sforzo dei melomani piu' conservatori, felici di qualche pezzo d'assieme con i corni dopo un'ora di ininterrotto susseguirsi di recitativi e arie e recitativi e arie: siamo in piena atmosfera autunnale, sottolineata dai pampini rossi e gialli sulle colonne neoclassiche, e i primi due cori inneggiano alla vendemmia e al vino novello (Con eco giuliva e Si beva, si canti, si danzi). Il terzo celebra la caccia (Alla caccia ognuno presti), mentre Nomio armato d'arco colpisce i ballerini, travestiti da cervi.
--TERZO ATTO--
Fasolis inizia il terzo atto con una ultima citazione dalle "Stagioni" di Vivaldi, un brano dal primo movimento dell' "Inverno". Scene bianchissime, con i primi fiocchi di neve: irrompe improvviso Filindo, dando notizia ad Admeto che Elmiro ha rapito Dorilla e l'ha portata nei fitti boschi intorno a Tempe. Admeto da' subito ordine a Filindo di uscire dal palazzo con una schiera di armati, e di riportare Dorilla ed Elmiro a Tempe.
I due fuggiaschi sono subito raggiunti, e re Admeto vuole condannare entrambi a morte: interviene Nomio, che chiede la morte del solo Elmiro, e canta la strepitosa aria d'ira dal titolo Fidi amanti al vostro amore (questa e' originale di Vivaldi, e si sente!) in cui brilla il desiderio di vendetta del dio Apollo in persona (brava la Veronique in questa sua esecuzione). Durante quest'aria, la Fattoria Vittadini ha inscenato una rappresentazione devo dire molto realistica del supplizio di Marsia, una citazione dotta dalle Metamorfosi di Ovidio che io personalmente ho trovato adatta al tono e alla bellezza dell'aria. La scena non e' stata apprezzata da tutti, e infatti una spettatrice un po' attempata alla fine dell'aria ha gridato questa e' una scena crudele e gratuita!!
Compare Elmiro in ceppi per essere condotto al supplizio, e Dorilla disperata canta Il povero mio core, una lunga aria (dieci minuti buoni) con un sommesso sospirare degli archi, e poi si getta disperata nel fiume Penèo. Elmiro, di fronte alla morte di Dorilla, canta anche lui un'aria d'ira, la scintillante Non ha più pace il cor amante (ahime' anche questa non e' di Vivaldi, ma di Hasse!), che conclude l'opera. Qui la bravura della bella Lucia Cirillo si e' dispiegata in tutta la sua forza. I due amanti sembrano spacciati quando, sopresa, la scena cambia, Nomio appare quale Deus ex machina in trono scintillante come Apollo, con tanto di raggi del sole che gli coronano la testa, mentre il coro (con trombe! per la gioia del melomane conservatore di cui sopra) canta Ceda il duolo, in riso, in giubilo. Il dio Apollo, se mezz'ora prima voleva spellare Elmiro come Marsia, adesso resuscita Dorilla, benedice le due coppie Elmiro-Dorilla e Filindo-Eudamia rinsavita, e poi ascende al cielo, quasi fosse Cristo che risale al Padre dopo avere resuscitato Lazzaro (coro finale Il cielo ancora, un cattolico praticante forse riterrebbe questa scena finale un po' blasfema).
L'opera per me e' stata stupenda, spero che il sodalizio Fasolis-Fenice-Ceresa e Lucia Cirillo produca ancora nei prossimi anni dei capolavori di Vivaldi come questo. Ho apprezzato soprattutto la capacita' di Fasolis, con l'aiuto dell'inventiva di Ceresa e dei ballerini di Fattoria Vittadini, di rendere fruibile da un pubblico contemporaneo un'opera barocca, che nel 1700 veniva guardata in modo completamente diverso: i nobili veneziani entravano e uscivano dal teatro, che era illuminato, concludevano affari, bevevano uno spriss nei palchi, e di tanto in tanto ascoltavano l'aria del cantante preferito o alla moda (e nessuno si ascoltava i recitativi...). Insomma, il teatro di allora era piu' simile a un piano-bar, che non all'austero ambiente buio e silenzioso che fu inaugurato da Wagner a Bayreuth.