
L'orsacchiotto con il bagaglio sul dorso compare nello stemma della citta' di Frisinga e anche sullo stemma di papa Ratzinger, Benedetto XVI.
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![]() Oggi c'e' grande festa a Monaco, in onore del santo patrono di Monaco e Frisinga, San Corbiniano (in tedesco Korbinian). Britannorum genere ortus, cioe' di origini britanniche (o irlandesi), la leggenda narra che Corbiniano, intorno all'anno 710, durante un viaggio che aveva intrapreso da Frisinga verso Roma per visitare, come molti altri pellegrini del tempo, la Basilica di San Pietro, al ritorno verso la Germania, in un passo alpino un orso aggredi' e sbrano' il cavallo su cui viaggiava Corbiniano. Il santo ammansi' e sgrido' l'orso per quello che aveva fatto, e l'animale, docile come un asinello, riporto' i bagagli di Corbiniano fino a Frisinga. L'orsacchiotto con il bagaglio sul dorso compare nello stemma della citta' di Frisinga e anche sullo stemma di papa Ratzinger, Benedetto XVI.
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La quarta domenica di Pasqua, o Dominica Tertia post Pascha, era chiamata nella vecchia liturgia pre-conciliare Dominica Jubilate, dall'introitus della Messa che recitava Jubilate Deo omnis terra. Lo stesso nome porta la domenica nella liturgia luterana. Johann Sebastian Bach compose ben tre cantate per questa occasione (BWV 12, 103, 146). La più antica di queste, che risale al periodo in cui Bach lavorava alla corte di Weimar, è proprio la BWV 12, dall'allegro titolo Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen ("Piangere, lamentarsi, temere, preoccuparsi"). Il titolo della Cantata fa riferimento alla lettura prevista nella liturgia luterana per questa domenica, cioé il capitolo 16 del Vangelo di Giovanni, dove si legge Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà. Dopo una bellissima sinfonia, il coro introduttivo ci ricorda subito l'attitudine di Bach a riutilizzare brani giovanili in composizioni più tarde: è infatti rielaborato (e raccorciato) nella Messa in Si Minore come il celeberrimo Crucifixus (il testo originale è proprio Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen). Ma è il corale finale a destare la meraviglia: dopo brani di tono cupo, coerente con il titolo della Cantata, compare un corale stupendo, Was Gott tut, das ist wohlgetan ("quello che fa Dio, è sempre ben fatto"). L'armonizzazione di Bach fa risplendere il motivo originale, scritto da Severus Gastorius, cantor a Jena, nel 1675, sul testo del suo amico, Samuel Rodigast, che aveva scritto i versi esplicitamente per l'amico Severus, che quell'anno era ammalato. Qui di seguito potete scaricare lo spartito del Corale: ![]()
L'anno liturgico si sta concludendo, e la prossima domenica è la prima d'Avvento: nella liturgia luterana si canta il Corale Nun komm, der Heiden Heiland ("Vieni subito, Salvatore delle genti"), scritto da Lutero e pubblicato per la prima volta a Erfurt nel 1524. Il testo è il seguente (prima strofa) Nun komm, der Heiden Heiland, che è la traduzione quasi letterale, in tedesco, dell'inno Veni redemptor gentium attribuito a Sant'Ambrogio: Veni redemptor gentium, Johann Sebastian Bach amava molto questo Corale, tanto da basarci ben tre delle sue Cantate (BWV 36, 61 e 62). Il corale originale è questo: Come era sua abitudine, nel caso di corali a lui cari, Bach scriveva anche degli splendidi preludi per organo: sul corale suddetto fece una specie di "trilogia", il preludio sul corale BWV 659, la triosonata BWV 660 e la stupenda fantasia fugata BWV 661. Quest'ultimo è veramente stupefacente: mentre i registri superiori eseguono una scintillante fuga a 3 voci "cum organo pleno", il canto è affidato al pedale, che entra quattro volte (tante quanto i versi della prima strofa del corale) con la melodia originale. Sono poco più di tre minuti di capolavoro assoluto (anche piuttosto difficile da eseguire), che qui vi consiglio nella versione della Società Bach Olandese: Stasera la Luna ha 1 giorno (1.7 giorni per la precisione): è il 1° Kislèv, mese lunare di novembre nel calendario ebraico (il mese in cui, il 25, cade Hanukkah, la festa delle Luci, che corrisponde in qualche modo al nostro Natale). Per i fan di Tolkien, è il Dì di Durin: ne lo Hobbit, Elrond, re degli Elfi di Granburrone, chiede che cosa sia questo Giorno di Durin, e Thorin Scudodiquercia, un po' indispettito, risponde: "Il primo giorno dell'Anno Nuovo dei nani", disse Thorin, "è, come tutti dovrebbero sapere, il primo giorno dell'ultima luna d'autunno alle soglie dell'inverno. Lo chiamano anche 'Giorno di Durin' ed è quando l'ultima luna d'autunno e il sole stanno insieme nel cielo. Ma questo non ci aiuterà molto, temo, perché oggi è al di là delle nostre capacità prevedere quando ci sarà di nuovo un momento simile. Noi moderni con la nostra potente tecnologia sappiamo invece che ...È precisamente oggi! Infatti la prossima luna nuova sarà il 15 dicembre, e quindi la prossima lunazione sarà quasi completamente inclusa nell'inverno.
Non so da quale fonte Tolkien abbia dedotto il calendario dei Nani, che evidentemente è un calendario lunare: certo che porre l'inizio del calendario con il 1° novembre lunare, è in qualche modo reminiscente della festa di Samhain, il capodanno celtico che coincideva appunto con il 1° novembre lunare. Oggi il Samhain è diventato la più commerciale festa di Halloween, celebrata nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre (nel più prosaico calendario solare...) ma è suggestivo pensare che questa antica festa celtica abbia influenzato il grande romanziere nel creare il suo mondo fittizio della Terra di Mezzo. Intanto noi ci godiamo la piccola falce di luna che sorge sopra i tetti di Padova... Questo pomeriggio, complice l'allontanamento di una forte perturbazione e la comparsa di un sole splendido che ha fatto capolino fra le nubi, è apparso un arcobaleno di nitidezza eccezionale sui cieli di Padova: completo di arco principale, arco secondario (separati dalla banda oscura di Alessandro), e pure alcuni arcobaleni da interferenza all'interno dell'arco principale, quest'ultimi molto rari da osservare.
E' un segnale fausto in prossimità del solstizio! Infatti, l'arcobaleno è apparso intorno al mezzogiorno solamente perché il sole oggi è al minimo della sua altezza sull'orizzonte: infatti. l'arcobaleno si forma solamente se il sole è più basso di 42° sull'orizzonte. ![]() Antoniniano d'argento dell'imperatore Marco Aurelio Probo, zecca di Ticinum (Pavia), 278 AD. Il verso della moneta ha la dicitura SOLI INVICTO (="al sole invitto"), con la figura del Sole con corona con raggi (o "radiata"), che guida una quadriga, come Apollo. Anche l'imperatore nel dritto porta la corona radiata e uno scettro con l'aquila in cima. Tratto da https://www.cngcoins.com/Coin.aspx?CoinID=173177 Oggi, 11 dicembre, a Roma si festeggiava l'ultimo dei quattro Agonalia, una festa molto antica che consisteva nel sacrificio di un ariete nero nella Règia, una delle piu' antiche costruzioni del Foro Romano. Gli Agonalia di dicembre erano dedicati al Sole Indigete, cioe' il "Sole progenitore", "Sole padre", una divinita' primigenia, analogo maschile della Grande Madre, che poi fu associata ad Apollo, dio greco del Sole.
Apollo veniva rappresentato come giovane ricciuto, con una corona coi raggi ("radiata"), che guidava una quadriga trainata da cavalli nel cielo: cosi' e' raffigurato come SOL INVICTUS nella moneta dell'imperatore Probo (III secolo), riportata in alto in questo post. Questa festa degli Agonalia del Sole Indigete faceva quindi parte della serie di feste con tema solare, vicine al solstizio invernale, come pure i Saturnalia (17-23 dicembre), una festa pagana progenitrice del nostro Natale. Nel corso del III secolo, l'antica divinita' del Sole Indigete lascio' il passo alla nuova divinita' del Sole Invitto (vedi la moneta di Probo), introdotta dapprima da Eliogabalo intorno al 220, ma poi con piu' decisione da Aureliano nel 274, dopo la vittoria sulla regina Zenobia di Palmira, anche se il culto del Sole Invitto era gia' molto diffuso nelle legioni romane, mischiandosi a quello orientale di Mitra, con cui condivideva molti attributi.
libro dei morti, come osserva Mario Martinis nel suo libro sulle tradizioni popolari friulane, Il grande lunario del Friuli, il dio Thot dalla testa di ibis assiste il defunto, come un avvocato difensore, in una fase cruciale del suo viaggio nell'oltretomba, cioe' la pesatura dell'anima (psicostasia): se l'anima del defunto, simboleggiata dal cuore, e' piu' leggera della piuma di Maat, la dea della giustizia, allora il defunto verra' giudicato giusto, e ammesso al cospetto del dio Osiride nel regno dei morti. La bilancia di San Michele, che e' ancora oggi (assieme alla spada) il simbolo della giustizia nei tribunali, rimanda a questo ruolo fondamentale, richiamato da uno dei versetti dell'antica liturgia latina della messa da morto ("Requiem"): Sed signifer sanctus Michael repraesentet eas in lucem sanctam cioe', "il Santo Michele portatore di vessillo (la spada fiammeggiante) le difenda (=le anime dei morti) presso la luce eterna", dove il "difendere" e' inteso proprio come l'attivita' dell'avvocato difensore. Bene, ora che cosa c'entra tutto questo con la data della festa di San Michele? Nell'equinozio di autunno il sole attraversa la linea dell'equatore celeste, e si immerge nell'emisfero meridionale, che per noi abitanti dell'emisfero boreale significa l'inizio della stagione del buio: ecco allora l'arcangelo Michele che, come con le anime dei defunti, "accompagna" il Sole nel suo viaggio nell'oltretomba con la sua spada luminosa, verso la luce dell'anno nuovo. Il secondo simbolo con cui viene rappresentato il Santo, la bilancia, oltre a essere il simbolo della giustizia, e' per singolare coincidenza anche il segno zodiacale in cui il Sole attraversa l'equatore celeste nel cosiddetto "punto Omega" o punto Ω: si tratta appunto del segno della Bilancia. Oggi a causa della precessione degli equinozi, il punto Ω si trova nella costellazione della Vergine, ma per tradizione il segno zodiacale rimane quello della Bilancia. ![]() Lo stesso significato del passaggio dalla stagione della luce a quella del buio ha la tradizione austriaca del "Lichtbratl" (letteralmente, l'arrosto della luce): in molti paesi dell'Austria e del sud della Germania, a San Michele i capimastro usavano offrire un arrosto di maiale ai propri dipendenti per indicare che una gran parte dei lavori manuali da adesso in poi si sarebbe dovuta eseguire a lume di candela. La stessa cosa nel detto friulano: Sant Michêl al impìe el ferâl e Sant Josèf lu distude, cioe' San Michele (29/9) accende la lampada e San Giuseppe (19/3) la spegne, chiara indicazione della durata dei "mesi del buio".
Vi ripropongo qui un post gia' apparso sul sito l'anno scorso: si tratta del bellissimo passo di Plinio in cui l'antico autore descrive l'ammorbidirsi del cielo invernale, approssimativamente nella data dell'8 febbraio. Secondo Plinio, l'8 febbraio inizia la primavera. Non e' un riferimento alla primavera astronomica (21 marzo), ma a un cambio di regimi di venti che avviene nel Mediterraneo. Dice infatti nel Libro Secondo della Naturalis Historia, §122: Ver ergo aperit navigantibus maria,
gazione in inverno (venti che ora chiamiamo bora) e iniziava il vento dell'ovest, quello che chiamiamo Ponente. Anche nella mitologia greca, Zefiro e' il vento dolce con cui comincia la primavera.
La determinazione della longitudine eclittica e' invece un po' grossolana, in quanto l'8 febbraio il Sole occupa circa 320°, quindi il 20° del segno dell'Acquario (attualmente la costellazione del Capricorno, per effetto della precessione degli equinozi). La differenza di 5° e' forse ascrivibile al fatto che la data dell'equinozio di primavera per i Romani era il 25 marzo, ma allora il segno della differenza e' sbagliato (in tal caso dovrebbe essere 15°). La mia personale ipotesi e' che si tratti di un errore di un copista (XXV invece di XV). De aequinoctiis, quod octavo Calendarum Aprilium, et octavo Calendarum Octobrium, et de solstitiis, quod octavo Calendarum Juliarum, et octavo Calendarum Januariarum die sint notanda, multorum late el sapientium saeculi, et Christianorum sententia claret. Questo brano e' tratto dall'incipit del capitolo 30 del De Temporum Ratione del Venerabile Beda: in esso il monaco, studioso e "scienziato" medievale chiarisce che l'autorita' dei filosofi laici, e cristiani, dell'antichita' stabilisce che solstizi ed equinozi si debbano osservare 8 giorni prima delle calende di aprile, ottobre, luglio e gennaio. Cioe', 25 marzo, 24 giugno, 24 settembre e 25 dicembre. Sono le date tradizionali di equinozi e solstizi nel calendario di Giulio Cesare, poi parzialmente ricalcolati ai tempi del Concilio di Nicea, che stabili' che l'equinozio di primavera fosse osservato il 21 marzo (come facciamo noi ora nel calendario gregoriano).
Queste antiche date sopravvivono ancora in alcune feste religiose: l'Annunciazione il 25 marzo, San Giovanni Battista il 24 giugno, e, non da ultimo, il Natale il 25 dicembre. Quindi, secondo gli antichi Romani, l'equinozio d'autunno era oggi. Come dice la Pimpa, arriva l'autunno: lui, Claudio! Un attimo: a scuola ci hanno insegnato che l'autunno arriva il 23 settembre. Pero' il nostro Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia, dice (Libro II, cap.124) (124) Post eos [=aquilones] rursus austri frequentes usque ad sidus Arcturi, quod exoritur XI diebus ante aequinoctium autumni. Come abbiamo gia' avuto modo di vedere, a Plinio (che non era digiuno di tradizioni marinaresche) interessa fissare l'inizio delle stagioni con il regime di venti nel Mediterraneo, piu' che con l'esatta posizione del Sole nel cielo.
In questo passo, Plinio dice che, dopo i 40 giorni di aquiloni estivi, di nuovo soffiano i venti meridionali (austro), fino al sorgere eliaco di Arturo, la brillante stella principale della costellazione di Boote, che avviene 11 giorni prima dell'equinozio d'autunno. Con Arturo inizia il coro, cioe' il vento di Nord-Ovest, che noi chiamiamo Maestrale. Con il coro inizia l'autunno. Tenendo conto che la data dell'equinozio, stabilita da Giulio Cesare, era il 24 settembre (vedi per es., Beda cap.30 del De Temporum Ratione), e tenendo conto della numerazione inclusiva dei Romani, la data stabilita da Plinio risulta essere il 14 settembre, cioe' oggi. La correttezza dell'affermazione di Plinio e' quasi chirurgica: con una simulazione del cielo (fatta con Stellarium) per il 14 settembre del 50 d.C. si ottiene che al tempo di Plinio effettivamente Arturo sorgeva insieme al sole. Attualmente, per la precessione degli equinozi, la levata eliaca di Arturo avviene quasi un mese dopo, intorno al 13-14 ottobre. |
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