Nun komm, der Heiden Heiland,
der Jungfrauen Kind erkannt,
des sich wundert alle Welt,
Gott solch Geburt ihm bestellt.
Veni redemptor gentium,
Ostende partum virginis,
Miretur omne saeculum,
Talis partus decet Deum.
gianfuffo |
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L'anno liturgico si sta concludendo, e la prossima domenica è la prima d'Avvento: nella liturgia luterana si canta il Corale Nun komm, der Heiden Heiland ("Vieni subito, Salvatore delle genti"), scritto da Lutero e pubblicato per la prima volta a Erfurt nel 1524. Il testo è il seguente (prima strofa) Nun komm, der Heiden Heiland, che è la traduzione quasi letterale, in tedesco, dell'inno Veni redemptor gentium attribuito a Sant'Ambrogio: Veni redemptor gentium, Johann Sebastian Bach amava molto questo Corale, tanto da basarci ben tre delle sue Cantate (BWV 36, 61 e 62). Il corale originale è questo: Come era sua abitudine, nel caso di corali a lui cari, Bach scriveva anche degli splendidi preludi per organo: sul corale suddetto fece una specie di "trilogia", il preludio sul corale BWV 659, la triosonata BWV 660 e la stupenda fantasia fugata BWV 661. Quest'ultimo è veramente stupefacente: mentre i registri superiori eseguono una scintillante fuga a 3 voci "cum organo pleno", il canto è affidato al pedale, che entra quattro volte (tante quanto i versi della prima strofa del corale) con la melodia originale. Sono poco più di tre minuti di capolavoro assoluto (anche piuttosto difficile da eseguire), che qui vi consiglio nella versione della Società Bach Olandese:
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libro dei morti, come osserva Mario Martinis nel suo libro sulle tradizioni popolari friulane, Il grande lunario del Friuli, il dio Thot dalla testa di ibis assiste il defunto, come un avvocato difensore, in una fase cruciale del suo viaggio nell'oltretomba, cioe' la pesatura dell'anima (psicostasia): se l'anima del defunto, simboleggiata dal cuore, e' piu' leggera della piuma di Maat, la dea della giustizia, allora il defunto verra' giudicato giusto, e ammesso al cospetto del dio Osiride nel regno dei morti. La bilancia di San Michele, che e' ancora oggi (assieme alla spada) il simbolo della giustizia nei tribunali, rimanda a questo ruolo fondamentale, richiamato da uno dei versetti dell'antica liturgia latina della messa da morto ("Requiem"): Sed signifer sanctus Michael repraesentet eas in lucem sanctam cioe', "il Santo Michele portatore di vessillo (la spada fiammeggiante) le difenda (=le anime dei morti) presso la luce eterna", dove il "difendere" e' inteso proprio come l'attivita' dell'avvocato difensore.
Bene, ora che cosa c'entra tutto questo con la data della festa di San Michele? Nell'equinozio di autunno il sole attraversa la linea dell'equatore celeste, e si immerge nell'emisfero meridionale, che per noi abitanti dell'emisfero boreale significa l'inizio della stagione del buio: ecco allora l'arcangelo Michele che, come con le anime dei defunti, "accompagna" il Sole nel suo viaggio nell'oltretomba con la sua spada luminosa, verso la luce dell'anno nuovo. Il 21 marzo il Sole entra nel segno dell'Ariete, e da' inizio alla primavera astronomica (equinozio di primavera): molti calendari antichi cominciano a marzo, e tuttora il calendario persiano ha il suo capodanno il 21 marzo. Nella teologia medievale, il 21 marzo era anche la data della creazione del mondo, come ci ricorda Dante nel primo canto dell'Inferno: e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle Effettivamente, secondo la teologia medievale (vedi per esempio Beda, De Temporum Ratione, cap.6), il mondo fu creato il 21 marzo, di domenica (giorno della Resurrezione, e quindi della nuova creazione), mentre il 22 marzo doveva essere luna nuova, in quanto la luna era stata appena creata, e quindi "nuova".E' talmente vero che, quando Dionigi il Piccolo, all'inizio del VI secolo, si trovo' a dovere elaborare le tavole di Pasqua per gli anni 520-535, scopri' che, nel calendario giuliano allora vigente, le date di Pasqua si riproponevano in modo periodico ogni 532 anni (vedi Beda, DTR cap.47**). Dionigi volle pero' fare qualcosa di piu', e cambiare pure il modo di numerare gli anni. Allora era vigente l'Annus Mundi (AM), variamente basato sulla tradizione ebraica, mediata al cristianesimo tramite i commenti di san Girolamo e sant'Eusebio di Cesarea. Dionigi voleva proporre un modo di conteggio piu' "moderno" e "cristiano", e volle che il suo anno zero (anzi, -1, perche' lo zero non era ancora arrivato in Occidente...) fosse effettivamente un anno in cui il 21 marzo fosse una domenica, e il 22 una luna nuova. Guardando gli anni della sua epoca, vide effettivamente che (quello che sarebbe diventato) il 532 soddisfaceva queste condizioni: andando a ritroso, con la periodicita' di 532 anni, vide che l'anno con le stesse caratteristiche (21 marzo domenica e il 22 luna nuova) piu' vicino alla nascita di Cristo era proprio l'anno 1 a.C. Sbagliano quindi coloro che dicono che Dionigi avesse "sbagliato a calcolare" la data di nascita di Gesu': il suo intento non era quello di calcolare la nascita di Gesu', o almeno, non solo quello: il suo anno -1 (anno zero) doveva essere l'anno della "nuova creazione", con il 21 marzo domenica e il 22 luna nuova. L'intento di Dionigi era quindi teologico, e non storico. **In realta' Beda, nel cap.47, dice testualmente: Quia ergo secundo anno circuli quem primum Dionysius scripsit, quingentesimus tricesimus tertius ab Incarnatione Domini completus est annus, ipse est nimirum juxta concursus siderum ille in quo incarnari dignatus est, quia hic secundus annus decennovenalis octavus decimus est cycli lunaris, XI habens epactas, V concurrentes septimanae dies, lunam paschae decimam quartam VIII Calendas Apriles. che significa, "siccome il 533° anno dall'Incarnazione del Signore e' il secondo anno del ciclo [delle date della Pasqua, n.d.T.] che Dionigi per primo scrisse, lo stesso, per quanto concerne le rivoluzioni delle stelle, e' senza dubbio quello in cui Egli si degno' di incarnarsi, poiche' questo secondo anno del ciclo di 19 anni e' il 18° del ciclo lunare, con epatta 11, concorrente 5 e la quattordicesima luna pasquale il giorno 8° prima delle calende di Aprile [25 marzo]".
Beda in questo capitolo sottolinea quindi che il secondo anno del ciclo di Dionigi il Piccolo, che sarebbe quello per l'anno 533 d.C., si ripete la stessa configurazione lunare dell'anno 1 d.C., con la luna piena (14 di Nisan) il 25 marzo. Siccome il capitolo 47 e' tutto dedicato alla simbologia teologica della Luna pasquale, a Beda preme fare vedere che nel secondo anno di Dionigi la Luna piena pasquale coincide con il 25 marzo (tradizionale data dell'equinozio secondo i Romani) e con la nascita di Gesu' Cristo. In questo modo, a Beda forse sfugge che l'anno zero fissato da Dionigi, corrispondente quindi al 532 d.C., e quello della vera Incarnazione (cioe' il concepimento di Gesu'), l'epatta era zero, e il concorrente 4: tradotto dal gergo computistico, che il 21 marzo (equinozio e data della creazione del mondo) era una domenica, e il 22 era una luna nuova.
L'antifona maggiore d'Avvento di oggi, 19 dicembre, ha come tema centrale la discendenza davidica di Gesu':
O Radix Jesse,
In questa terza antifona d'Avvento, compare una celeberrima allegoria medievale di Cristo, cioe' l'albero di Jesse: in questa allegoria, Cristo-Messia viene rappresentato come germoglio dell'albero, e l'albero ha le sue radici in Jesse, il capostipite della dinastia del Re Davide.
L'allegoria nasce gia' dall'interpretazione dei Padri della Chiesa, sulla base di due distinti passi biblici: la profezia di Isaia, del Messia come germoglio della dinastia di Davide (11,1-2): [1] Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
Il secondo passo e' la genealogia di Gesu', che si trova all'inizio del Vangelo secondo Matteo (1,1-16):
Dalla combinazione di questi due passi, Gesu'=germoglio dell'albero di Jesse, e genealogia di Gesu' da Jesse fino a Giuseppe sposo di Maria, nasce l'iconografia dell'albero di Jesse: nella sua versione iniziale, come nelle vetrate della Cattedrale di Chartres, il tronco si diparte dal ventre di Jesse addormentato, e sui rami si dispongono quattro re coronati (i Re di Giuda nominati dal Vangelo, dal re Roboamo fino al re Ieconia nei versetti 7-11). Al di sopra dei re coronati, compare la Vergine Maria, e al di sopra ancora Gesu' Cristo, circondato da sette colombe. Le sette colombe rappresentano i sette doni dello Spirito Santo, di cui sei sono gia' presenti nella profezia di Isaia sopra riportata, al versetto 2 (sapienza e intelligenza, consiglio e fortezza, conoscenza=scienza, e timor di Dio).
L'albero di Jesse si trova anche in musica: associato alla Madonna, rappresentata come rosa in alto, vicino al germoglio dell'albero, compare nel celeberrimo corale Es ist ein Ros' Entsprungen, armonizzato nel 1600 circa da Michael Praetorius
Nell'antica Roma, il 17 dicembre iniziavano i Saturnalia, le grandi feste in onore del dio Saturno, una specie di carnevale pagano nel quale le divinita' infere uscivano sulla Terra, impersonate da una maschera vestita di rosso, a simboleggiare la Natura addormentata sotto la coltre invernale, che ricomincia sotto terra piano piano il proprio risveglio. I Saturnali terminavano il 23 dicembre,
Nel Cristianesimo, per una curiosa (forse voluta) coincidenza, il 17 dicembre comincia invece la Novena di Natale, quella che nelle Valli del Natisone chiamano Devetica, e iniziano gia' dal 15 dicembre. Dalla sera del 17, fino al 23, ogni Vespro contiene una antifona (dette "antifone maggiori") che inizia con una invocazione "O", da cui il nome di Antifone "O", con cui sono note specialmente nel mondo anglosassone. La sequenza completa e' la seguente:
Quest'anno ci concentriamo sulla seconda, O Adonai, che viene cantata ai Vespri di oggi, 18 dicembre: O Adonai,
"Adonai" e' uno dei nomi di Dio nella Bibbia, si traduce con "signore": il riferimento e' ad Esodo (3:2), Mose' che incontra Dio nel roveto ardente presso il Monte Oreb, ed Esodo (24:12), Mose' riceve sul Sinai le Tavole della Legge. In questa antifona, cioe', Cristo viene presentato come il Messia tradizionale, il condottiero degli eserciti di Israele, che guidera' il suo popolo verso la salvezza.
Oggi e' Santa Lucia, il giorno piu' corto che ci sia, come recita il proverbio: ed era effettivamente cosi' prima della riforma gregoriana del calendario, che riporto' il solstizio d'inverno al 21/22 dicembre: prima della riforma del 1582, il solstizio cadeva il giorno 11/12, per cui la notte del 12 dicembre era effettivamente la piu' corta dell'anno.
A Udine (come a Verona e in molti altri comuni del Nord e del Sud), Santa Lucia (da noi friulani chiamata Sante Lussie) e' festeggiata con entusiasmo da tutti i piccini: io da piccolo mettevo un bicchiere di latte sul tavolo, un po' di paglia per l'asinello fuori dall'uscio di casa, e poi subito a letto, che la Santa non ci trovasse ancora alzati, senno' ci avrebbe portato il carbone! Oggi pero' mi ha letteralmente commosso il racconto fatto da "Primula", una scrittrice che tiene un blog delicatissimo, con i suoi ricordi e meditazioni varie. Leggetelo, merita! ![]() Il 12 luglio e' la festa dei Santi Ermacora (o Ermagora) e Fortunato, patroni della chiesa di Aquileia (e quindi di tutto il Friuli), di Udine e svariati comuni friulani (Buja, Pocenia, Remanzacco, Trasaghis, Savogna...). Di Ermacora si sa pochissimo, tranne che compare come primo nella lista dei vescovi di Aquileia: secondo la tradizione, sarebbe stato inviato da San Marco a evangelizzare il nord-est dell'Italia (a sua volta, San Marco sarebbe stato inviato da San Pietro, in una versione alternativa della leggenda, versione questa nata forse per ristabilire il primato romano sulla diocesi di Aquileia: e cosi' e' infatti rappresentato nel mosaico in San Marco a Venezia). Fortunato sarebbe stato il suo diacono: entrambi avrebbero subito il martirio durante la persecuzione di Nerone. La popolarita' dei due santi supera i confini della regione Friuli: sant'Ermacora fu oggetto di culto anche nella vicina Slovenia (varie localita' portano il nome di Sveti Mohor) e in Carinzia (la citta' di Hermagor). La sera del 12 luglio, alle 19:00, in un'atmosfera estremamente suggestiva, si tiene la solenne concelebrazione nella antichissima basilica di Aquileia, presenti tutti e quattro i vescovi della regione (Udine, Gorizia, Trieste e Pordenone-Concordia), il vescovo di Lubiana e quello di Klagenfurt, a sancire l'unita' del vecchio patriarcato di Aquileia (soppresso nel 1751).
Il nome di Ermacora e' legato anche a eventi piu' conviviali: la sagra di "Sant Ramacul" a Buja, a nord di Udine, e a Chions di Pordenone. E pure al famoso burlaç di Sant Ramacul, il temporale che spesso spazza i cieli friulani proprio nella giornata dedicata al santo patrono. Una delle antifone maggiori della novena di Natale, che viene cantata la sera del 21 dicembre, nomina Venere come simbolo di Cristo che deve venire: O Oriens, che tradotto significa: "O stella che sorge, splendore di luce eterna, e sole di giustizia: vieni e illumina chi è nelle tenebre e nell'ombra della morte. Il riferimento a Venere e' abbastanza chiaro, e riprende il parallelo Messia-Stella che si trova negli antichi testi ebraici (come abbiamo gia' discusso qui). Una studiosa di testi antichi inglesi riporta una traduzione di un antico testo anglosassone, che e' la trasposizione dell'antifona latina: in quel testo il riferimento a Venere e' ancora piu' chiaro: O Earendel, brightest of angels, "O Espero, piu' brillante di tutti gli angeli, inviata all'umanita' sulla terra di mezzo, luce del sole di giustizia, piu' brillante di tutte le stelle" Per i fan di Tolkien, e' evidente riconoscere qui parte della "mitologia" del Signore degli Anelli: in particolare, il personaggio di Earendil il marinaio, che diventa la "stella del mattino" per gli abitanti della Terra di Mezzo (come vedete, anche quella e' gia' presente nell'antifona in anglosassone!). E' suggestivo che Venere si veda proprio in queste serate terse invernali, come in questa foto che ho scattato la Vigilia di Natale: Sembra in effetti anticipare la venuta di Gesu' nella notte di Natale, come canta l'antifona natalizia: Oggi e' l'antivigilia di Natale, e fra le mie vecchie riviste ho recuperato un numero de L'Astronomia, la gloriosa rivista per astrofili diretta da Margherita Hack negli anni '80 e '90. In questo vecchio numero, c'è una storia che sembra fatta apposta per Natale, a metà fra mito, favola e scienza. Riguarda la narrazione della visita dei Re Magi, come si trova nel Vangelo di Matteo: Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "[2,2]Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo". [2,7] Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella [2,8] e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo". [2,9] Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
suggerire per primo che la stella di Natale non fosse una cometa, ma un fenomeno celeste come la congiunzione dei due pianeti, che se molto vicini, sono estremamente luminosi. Fatti alcuni calcoli, trovò che i due pianeti avevano subito una congiunzione doppia, nel maggio e dicembre del 7 a.C. A sostegno della sua ipotesi, citava il commentario al libro di Daniele del dotto rabbino di Lisbona Abrabanel, il Pozzo della Salvezza (1497), dove si diceva che la congiunzione di Giove (=la potenza) assieme a Saturno (il pianeta tutelare di Israele) nei Pesci (la costellazione associata alla fine del mondo e all'era messianica) era avvenuta anche prima della nascita di Mosè, ed era sicuramente associata alla nascita del Messia in Giudea. Un aiuto a questa interpretazione viene direttamente dal Vangelo citato di Matteo: i personaggi che arrivano a Gerusalemme vengono descritti come "μάγοι", "magi", e provengono dall’Oriente ("ἀπὸ ἀνατολῶν"). Sono sicuramente possessori di una conoscenza astronomica profonda per l'epoca, che permette loro di prevedere eventi celesti futuri, e di trarne auspici per le vicende terrene. Le interpretazioni moderne più numerose propendono per degli astronomi-sacerdoti di Babilonia, dove l’evento di congiunzione Giove-Saturno del 7 a.C. e' registrato su tavolette cuneiformi come evento di rilievo. ![]() Tuttavia, Don Ravasi, nel suo libro di commentario ai Vangeli del Natale, sottolinea come astrologi-sacerdoti fossero presenti anche nell’Arabia pre-islamica. Il Vangelo anche tenderebbe a escludere un evento del tipo di una cometa, in quanto al versetto 7 sopra citato, si dice che Erode si sia informato sul "χρόνον τοῦ φαινομένου ἀστέρος", "tempo dell'apparizione stellare", del "fenomeno celeste". Quindi, più astri, non una stella singola. Inoltre, le comete per tradizione, nel mondo greco-romano antico furono sempre, sistematicamente associate a fenomeni infausti, come morti, guerre, cataclismi, terremoti: lo dice Plinio (citando Svetonio), riportando come l’apparizione di una cometa fu associata tanto alla morte di Giulio Cesare, nel 44 a.C., quanto a quella dell’imperatore Claudio, nel 54 d.C. Nel Libro II, Cap. XXIII Plinio dice infatti di Claudio: (92) terrificum sidus [...] ut in nostro vero aevo circa veneficium, quo Claudius Caesar imperio reliquit Domitio Neroni, ac deinde principatu eius adsiduum prope ac saevum. cioe', "una stella terribile [fu vista] una volta nel nostro secolo, in prossimita' dell'avvelenamento a causa del quale Claudio Cesare lascio' l'impero a Domizio Nerone, e quindi successivamente fu ininterrotta e crudele durante il principato di quest'ultimo". In pratica, Plinio connette l'avvelenamento di Claudio e la crudelta' di Nerone alla presenza di una cometa, che fu avvistata quasi ininterrottamente durante il principato di quest'ultimo. Con una certa ironia, Plinio sottolinea poi nello stesso capitolo: (93) Cometes in uno totius orbis colitur in templo Romae, admodum Faustus Divo Augusto iudicatus ab ipso, qui incipiente eo apparuit ludis, quos faciebat Veneri Genetrici non multo post obitum patris Caesaris in collegio ab eo instituto. "le comete in un solo posto al mondo sono oggetto di culto, cioe' in un tempio a Roma, in quanto una cometa fu giudicata segno fausto dal Divo Augusto, in quanto apparve all'inizio dei giochi in onore di Venere Genitrice, giochi che egli istituì con un collegio poco dopo la morte di Cesare". E le testimonianze su fatti infausti legati all'apparizione di comete non si limitano a Plinio, ma proseguono nella tarda latinità e nell'alto Medioevo: Procopio di Cesarea, nella Guerra Gotica, parla di una cometa che precedette una invasione di Unni oltre il Danubio, nell’anno 539 d.C.; Paolo Diacono, il famoso storico dei Longobardi, cita una cometa che precedette una pestilenza, negli anni 676-677: [V,31] Qualche tempo dopo, in agosto, apparve a oriente una stella cometa dai raggi eccezionalmente luminosi, che dopo avere fatto un giro su se stessa scomparve. Sempre da oriente, sopraggiunse poi una grave pestilenza che desolò il popolo romano. In quei giorni il papa Donno lastricò di stupendi marmi bianchi lo spazio davanti alla basilica di San Pietro, noto come «Paradiso». La tradizione arriva fino al Medioevo bizantino, tanto che nel 1106, una cometa viene citata da Anna Comnena nell’Alessiade (storia romanzata della vita di suo padre, l'imperatore bizantino Alessio Comneno) come foriera della guerra fra Bizantini e Normanni. Don Ravasi sottolinea poi giustamente che l’associazione del Messia con una stella (o una congiunzione stellare) risale alle origini dell’ebraismo, tanto da allarmare Erode e la sua corte. La celebre profezia del mago Balaam, nel libro dei Numeri, dice: [24,17] Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele La versione aramaica della Bibbia, detta Targum, non ha esitazioni a tradurre Il Messia spunta da Giacobbe e un re sorge da Israele rendendo assai esplicita la corrispondenza Messia = stella. L'ipotesi di Keplero non fu però considerata con molta attenzione, anche perché Keplero era noto per mescolare scienza e tentazioni mistiche, cosa peraltro non soprendente dato che all'epoca astronomia e astrologia erano la stessa cosa. La principale difficoltà stava nel fatto che all'epoca si riteneva che Gesù fosse nato all'inizio dell'era cristiana, e non prima.
Studi di questo secolo hanno invece mostrato che Gesù con ogni probabilità nacque dall'8 al 4 a.C. Lo suggeriscono i Vangeli: Erode il vecchio muore nel 4 a.C. (lo storico Giuseppe Flavio cita un'eclisse di luna avvenuta alla morte di Erode, che si situa appunto nel 4 a.C.), mentre il "censimento" di cui parla il vangelo di Luca, fu effettuato da Augusto nell' 8 a.C. [2,1] In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. La stella di Natale, se fu un evento reale, si situa quindi fra l'8 e il 4 a.C., compatibile con l'ipotesi di Keplero. Seguendo la falsariga dell'ipotesi misticheggiante di Keplero, l'astronomo praghese ci dice che fu una congiunzione doppia: a maggio i due pianeti si potevano vedere la mattina. Secondo Keplero, ecco perché i Magi appena arrivati da Erode a Gerusalemme dissero, abbiamo visto sorgere la sua stella. Invece, per la seconda congiunzione, quella del 4 dicembre del 7 a.C., i pianeti erano visibili la sera, verso sud: un ipotetico viaggiatore, che si fosse messo in marcia da Gerusalemme verso Betlemme (che sta a sud di Gerusalemme), sarebbe stato accompagnato dai pianeti, che lentamente tramontavano a sud-ovest, per poi "fermarsi" sopra la capanna. Forse sono tutte fantasie, ma immaginare di essere uno dei Magi a cavallo del suo somarello (o del cammello), che guarda Giove e Saturno insieme, accende il bambino che e' dentro di noi... Miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam: pieta' di me, Signore, secondo la tua grande misericordia. Inizia cosi' il celeberrimo Salmo 50 (51 secondo la nuova numerazione), che aggiunge nel sottotitolo: Quando venne da lui il profeta Natan dopo che aveva peccato con Betsabea. Il riferimento e' al brano del Libro di Samuele, in cui il re Davide commette adulterio con Betsabea, moglie del suo generale, Uria l'Hittita, in quel tempo impegnato nell'assedio di Rabba' degli Ammoniti (odierna Ar-Rabba, in Giordania). Non solo, comandando che Uria fosse posto al fronte dell'esercito, Davide ne causa la morte durante l'assedio. Adultero, ed omicida, Davide viene criticato apertamente dal profeta Natan: Tu hai colpito di spada Uria l'Hittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti. Non solo: profetizza il terribile castigo divino: il figlio avuto da Betsabea morira' sette giorni dopo essere nato. In quel terribile momento, Davide avrebbe composto questo salmo.
Talmente bello da diventare il salmo-simbolo della Quaresima (che incomincia mercoledi' prossimo). Stuoli di musicisti lo hanno musicato: Palestrina, Monteverdi, Iommelli, Mozart, Verdi (nel "Trovatore"). Ma il piu' bello rimane quello musicato da Gregorio Allegri all'inizio del Seicento. Venne eseguito fino alla fine dell'Ottocento, durante la liturgia della Settimana Santa, in Cappella Sistina: in particolare, nei mattutini del Mercoledi' e del Venerdi' Santo. Come tutta la musica che veniva eseguita per la liturgia papale, i Papi non volevano che i manoscritti uscissero dalla Cappella: ne nasce il simpatico episodio che coinvolge il quattordicenne Mozart, che, ascoltato il Miserere in Cappella Sistina durante il suo viaggio a Roma del 1770, lo ricopio' interamente a orecchio. Un'impresa notevole, dato che lo spartito (a cappella) prevede parti a 5 voci (per il coro principale) e a 4 voci (per il coro "in ripieno"). Il Papa stesso ne rimase sbalordito, e per questo insigni' Mozart del titolo diCavaliere dello Speron D'Oro. |
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