gianfuffo |
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Ripropongo quest'anno una riflessione che avevo fatto nel 2014 sui re Magi e la stella di Natale. Una lettura sotto l'albero! Con la promessa di andare a vedere (finalmente dopo 22 anni che risiedo a Padova...) l'originale della cometa di Giotto nella Cappella degli Scrovegni!
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Siamo in tempo di Quaresima, e può capitare in chiesa di ascoltare un bellissimo canto, Se tu mi accogli: il testo si riferisce al Vangelo del figliol prodigo. Come spesso succede nella musica liturgica cattolica dopo il Concilio Vaticano II, l'origine del canto è però un corale tedesco di tutt'altro argomento: si tratta del celebre "Wer nur den lieben Gott lässt walten", Chi si lascia guidare solamente dal Signore, un corale del poeta e compositore tedesco Georg Neumark, datato dicembre 1641. Neumark visse ai tempi della Guerra dei Trent'anni, quando le condizioni economiche e sociali in Germania erano disastrose: ebbe una vita parecchio avventurosa, avendo perso per ben due volte tutti i suoi averi, una volta a causa delle soldataglie che imperversavano in Turingia, una volta a causa di un incendio. In qualche modo, il testo del corale fa riferimento alle vicende personali: l'autore stesso lo descrive come "un testo di consolazione: Dio proteggerà i Suoi nel Suo tempo". Il testo fa infatti riferimento al Vangelo di Matteo (Mt 7,26-27), l'uomo saggio che costruisce la sua casa sulla roccia viene contrapposto all'uomo stolto che costruisce sulla sabbia: sembra scritto apposta per i tempi convulsi in cui viviamo! Wer nur den lieben Gott lässt walten che tradotto in italiano suona più o meno così Chi si lascia guidare solamente dal Signore La musica originale di Neumark è in tempo ternario, 3/4, ed è stupenda: Ovviamente, un corale così bello non poteva rimanere nascosto all'orecchio del grande Johann Sebastian Bach. Probabilmente Bach ne venne a contatto in quanto Neumark era nato a Langensalza (adesso Bad Langensalza, in Turingia), a soli 35km da Eisenach, la città natale di Bach, e a soli 20km da Mühlhausen, la città in cui Bach ebbe il primo impiego come organista. Neumark quindi faceva parte della "comunità musicale" in cui il giovane Bach mosse i primi passi. Bach tuttavia cambiò il ritmo dai 3/4 del corale originale a un ritmo quaternario 4/4, utilizzandolo (con testo cambiato) nella cantata BWV 93: Poi di questo corale fece numerose variazioni per organo: un corale "Schübler" BWV 647, e poi il bellissimo corale BWV 642, dove il canto è nel soprano (mano destra). Che questa musica celestiale, che adorna come una costellazione brillante il cielo del periodo quaresimale, ci rapisca in questi tempi bui in cui viviamo: La quarta domenica di Pasqua, o Dominica Tertia post Pascha, era chiamata nella vecchia liturgia pre-conciliare Dominica Jubilate, dall'introitus della Messa che recitava Jubilate Deo omnis terra. Lo stesso nome porta la domenica nella liturgia luterana. Johann Sebastian Bach compose ben tre cantate per questa occasione (BWV 12, 103, 146). La più antica di queste, che risale al periodo in cui Bach lavorava alla corte di Weimar, è proprio la BWV 12, dall'allegro titolo Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen ("Piangere, lamentarsi, temere, preoccuparsi"). Il titolo della Cantata fa riferimento alla lettura prevista nella liturgia luterana per questa domenica, cioé il capitolo 16 del Vangelo di Giovanni, dove si legge Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà. Dopo una bellissima sinfonia, il coro introduttivo ci ricorda subito l'attitudine di Bach a riutilizzare brani giovanili in composizioni più tarde: è infatti rielaborato (e raccorciato) nella Messa in Si Minore come il celeberrimo Crucifixus (il testo originale è proprio Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen). Ma è il corale finale a destare la meraviglia: dopo brani di tono cupo, coerente con il titolo della Cantata, compare un corale stupendo, Was Gott tut, das ist wohlgetan ("quello che fa Dio, è sempre ben fatto"). L'armonizzazione di Bach fa risplendere il motivo originale, scritto da Severus Gastorius, cantor a Jena, nel 1675, sul testo del suo amico, Samuel Rodigast, che aveva scritto i versi esplicitamente per l'amico Severus, che quell'anno era ammalato. Qui di seguito potete scaricare lo spartito del Corale: ![]()
L'anno liturgico si sta concludendo, e la prossima domenica è la prima d'Avvento: nella liturgia luterana si canta il Corale Nun komm, der Heiden Heiland ("Vieni subito, Salvatore delle genti"), scritto da Lutero e pubblicato per la prima volta a Erfurt nel 1524. Il testo è il seguente (prima strofa) Nun komm, der Heiden Heiland, che è la traduzione quasi letterale, in tedesco, dell'inno Veni redemptor gentium attribuito a Sant'Ambrogio: Veni redemptor gentium, Johann Sebastian Bach amava molto questo Corale, tanto da basarci ben tre delle sue Cantate (BWV 36, 61 e 62). Il corale originale è questo: Come era sua abitudine, nel caso di corali a lui cari, Bach scriveva anche degli splendidi preludi per organo: sul corale suddetto fece una specie di "trilogia", il preludio sul corale BWV 659, la triosonata BWV 660 e la stupenda fantasia fugata BWV 661. Quest'ultimo è veramente stupefacente: mentre i registri superiori eseguono una scintillante fuga a 3 voci "cum organo pleno", il canto è affidato al pedale, che entra quattro volte (tante quanto i versi della prima strofa del corale) con la melodia originale. Sono poco più di tre minuti di capolavoro assoluto (anche piuttosto difficile da eseguire), che qui vi consiglio nella versione della Società Bach Olandese:
libro dei morti, come osserva Mario Martinis nel suo libro sulle tradizioni popolari friulane, Il grande lunario del Friuli, il dio Thot dalla testa di ibis assiste il defunto, come un avvocato difensore, in una fase cruciale del suo viaggio nell'oltretomba, cioe' la pesatura dell'anima (psicostasia): se l'anima del defunto, simboleggiata dal cuore, e' piu' leggera della piuma di Maat, la dea della giustizia, allora il defunto verra' giudicato giusto, e ammesso al cospetto del dio Osiride nel regno dei morti. La bilancia di San Michele, che e' ancora oggi (assieme alla spada) il simbolo della giustizia nei tribunali, rimanda a questo ruolo fondamentale, richiamato da uno dei versetti dell'antica liturgia latina della messa da morto ("Requiem"): Sed signifer sanctus Michael repraesentet eas in lucem sanctam cioe', "il Santo Michele portatore di vessillo (la spada fiammeggiante) le difenda (=le anime dei morti) presso la luce eterna", dove il "difendere" e' inteso proprio come l'attivita' dell'avvocato difensore. Bene, ora che cosa c'entra tutto questo con la data della festa di San Michele? Nell'equinozio di autunno il sole attraversa la linea dell'equatore celeste, e si immerge nell'emisfero meridionale, che per noi abitanti dell'emisfero boreale significa l'inizio della stagione del buio: ecco allora l'arcangelo Michele che, come con le anime dei defunti, "accompagna" il Sole nel suo viaggio nell'oltretomba con la sua spada luminosa, verso la luce dell'anno nuovo. Il secondo simbolo con cui viene rappresentato il Santo, la bilancia, oltre a essere il simbolo della giustizia, e' per singolare coincidenza anche il segno zodiacale in cui il Sole attraversa l'equatore celeste nel cosiddetto "punto Omega" o punto Ω: si tratta appunto del segno della Bilancia. Oggi a causa della precessione degli equinozi, il punto Ω si trova nella costellazione della Vergine, ma per tradizione il segno zodiacale rimane quello della Bilancia. ![]() Lo stesso significato del passaggio dalla stagione della luce a quella del buio ha la tradizione austriaca del "Lichtbratl" (letteralmente, l'arrosto della luce): in molti paesi dell'Austria e del sud della Germania, a San Michele i capimastro usavano offrire un arrosto di maiale ai propri dipendenti per indicare che una gran parte dei lavori manuali da adesso in poi si sarebbe dovuta eseguire a lume di candela. La stessa cosa nel detto friulano: Sant Michêl al impìe el ferâl e Sant Josèf lu distude, cioe' San Michele (29/9) accende la lampada e San Giuseppe (19/3) la spegne, chiara indicazione della durata dei "mesi del buio".
Il 21 marzo il Sole entra nel segno dell'Ariete, e da' inizio alla primavera astronomica (equinozio di primavera): molti calendari antichi cominciano a marzo, e tuttora il calendario persiano ha il suo capodanno il 21 marzo. Nella teologia medievale, il 21 marzo era anche la data della creazione del mondo, come ci ricorda Dante nel primo canto dell'Inferno: e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle Effettivamente, secondo la teologia medievale (vedi per esempio Beda, De Temporum Ratione, cap.6), il mondo fu creato il 21 marzo, di domenica (giorno della Resurrezione, e quindi della nuova creazione), mentre il 22 marzo doveva essere luna nuova, in quanto la luna era stata appena creata, e quindi "nuova".E' talmente vero che, quando Dionigi il Piccolo, all'inizio del VI secolo, si trovo' a dovere elaborare le tavole di Pasqua per gli anni 520-535, scopri' che, nel calendario giuliano allora vigente, le date di Pasqua si riproponevano in modo periodico ogni 532 anni (vedi Beda, DTR cap.47**). Dionigi volle pero' fare qualcosa di piu', e cambiare pure il modo di numerare gli anni. Allora era vigente l'Annus Mundi (AM), variamente basato sulla tradizione ebraica, mediata al cristianesimo tramite i commenti di san Girolamo e sant'Eusebio di Cesarea. Dionigi voleva proporre un modo di conteggio piu' "moderno" e "cristiano", e volle che il suo anno zero (anzi, -1, perche' lo zero non era ancora arrivato in Occidente...) fosse effettivamente un anno in cui il 21 marzo fosse una domenica, e il 22 una luna nuova. Guardando gli anni della sua epoca, vide effettivamente che (quello che sarebbe diventato) il 532 soddisfaceva queste condizioni: andando a ritroso, con la periodicita' di 532 anni, vide che l'anno con le stesse caratteristiche (21 marzo domenica e il 22 luna nuova) piu' vicino alla nascita di Cristo era proprio l'anno 1 a.C. Sbagliano quindi coloro che dicono che Dionigi avesse "sbagliato a calcolare" la data di nascita di Gesu': il suo intento non era quello di calcolare la nascita di Gesu', o almeno, non solo quello: il suo anno -1 (anno zero) doveva essere l'anno della "nuova creazione", con il 21 marzo domenica e il 22 luna nuova. L'intento di Dionigi era quindi teologico, e non storico. **In realta' Beda, nel cap.47, dice testualmente: Quia ergo secundo anno circuli quem primum Dionysius scripsit, quingentesimus tricesimus tertius ab Incarnatione Domini completus est annus, ipse est nimirum juxta concursus siderum ille in quo incarnari dignatus est, quia hic secundus annus decennovenalis octavus decimus est cycli lunaris, XI habens epactas, V concurrentes septimanae dies, lunam paschae decimam quartam VIII Calendas Apriles. che significa, "siccome il 533° anno dall'Incarnazione del Signore e' il secondo anno del ciclo [delle date della Pasqua, n.d.T.] che Dionigi per primo scrisse, lo stesso, per quanto concerne le rivoluzioni delle stelle, e' senza dubbio quello in cui Egli si degno' di incarnarsi, poiche' questo secondo anno del ciclo di 19 anni e' il 18° del ciclo lunare, con epatta 11, concorrente 5 e la quattordicesima luna pasquale il giorno 8° prima delle calende di Aprile [25 marzo]".
Beda in questo capitolo sottolinea quindi che il secondo anno del ciclo di Dionigi il Piccolo, che sarebbe quello per l'anno 533 d.C., si ripete la stessa configurazione lunare dell'anno 1 d.C., con la luna piena (14 di Nisan) il 25 marzo. Siccome il capitolo 47 e' tutto dedicato alla simbologia teologica della Luna pasquale, a Beda preme fare vedere che nel secondo anno di Dionigi la Luna piena pasquale coincide con il 25 marzo (tradizionale data dell'equinozio secondo i Romani) e con la nascita di Gesu' Cristo. In questo modo, a Beda forse sfugge che l'anno zero fissato da Dionigi, corrispondente quindi al 532 d.C., e quello della vera Incarnazione (cioe' il concepimento di Gesu'), l'epatta era zero, e il concorrente 4: tradotto dal gergo computistico, che il 21 marzo (equinozio e data della creazione del mondo) era una domenica, e il 22 era una luna nuova.
L'antifona maggiore d'Avvento di oggi, 19 dicembre, ha come tema centrale la discendenza davidica di Gesu':
O Radix Jesse,
In questa terza antifona d'Avvento, compare una celeberrima allegoria medievale di Cristo, cioe' l'albero di Jesse: in questa allegoria, Cristo-Messia viene rappresentato come germoglio dell'albero, e l'albero ha le sue radici in Jesse, il capostipite della dinastia del Re Davide.
L'allegoria nasce gia' dall'interpretazione dei Padri della Chiesa, sulla base di due distinti passi biblici: la profezia di Isaia, del Messia come germoglio della dinastia di Davide (11,1-2): [1] Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
Il secondo passo e' la genealogia di Gesu', che si trova all'inizio del Vangelo secondo Matteo (1,1-16):
Dalla combinazione di questi due passi, Gesu'=germoglio dell'albero di Jesse, e genealogia di Gesu' da Jesse fino a Giuseppe sposo di Maria, nasce l'iconografia dell'albero di Jesse: nella sua versione iniziale, come nelle vetrate della Cattedrale di Chartres, il tronco si diparte dal ventre di Jesse addormentato, e sui rami si dispongono quattro re coronati (i Re di Giuda nominati dal Vangelo, dal re Roboamo fino al re Ieconia nei versetti 7-11). Al di sopra dei re coronati, compare la Vergine Maria, e al di sopra ancora Gesu' Cristo, circondato da sette colombe. Le sette colombe rappresentano i sette doni dello Spirito Santo, di cui sei sono gia' presenti nella profezia di Isaia sopra riportata, al versetto 2 (sapienza e intelligenza, consiglio e fortezza, conoscenza=scienza, e timor di Dio).
L'albero di Jesse si trova anche in musica: associato alla Madonna, rappresentata come rosa in alto, vicino al germoglio dell'albero, compare nel celeberrimo corale Es ist ein Ros' Entsprungen, armonizzato nel 1600 circa da Michael Praetorius
Nell'antica Roma, il 17 dicembre iniziavano i Saturnalia, le grandi feste in onore del dio Saturno, una specie di carnevale pagano nel quale le divinita' infere uscivano sulla Terra, impersonate da una maschera vestita di rosso, a simboleggiare la Natura addormentata sotto la coltre invernale, che ricomincia sotto terra piano piano il proprio risveglio. I Saturnali terminavano il 23 dicembre,
Nel Cristianesimo, per una curiosa (forse voluta) coincidenza, il 17 dicembre comincia invece la Novena di Natale, quella che nelle Valli del Natisone chiamano Devetica, e iniziano gia' dal 15 dicembre. Dalla sera del 17, fino al 23, ogni Vespro contiene una antifona (dette "antifone maggiori") che inizia con una invocazione "O", da cui il nome di Antifone "O", con cui sono note specialmente nel mondo anglosassone. La sequenza completa e' la seguente:
Quest'anno ci concentriamo sulla seconda, O Adonai, che viene cantata ai Vespri di oggi, 18 dicembre: O Adonai,
"Adonai" e' uno dei nomi di Dio nella Bibbia, si traduce con "signore": il riferimento e' ad Esodo (3:2), Mose' che incontra Dio nel roveto ardente presso il Monte Oreb, ed Esodo (24:12), Mose' riceve sul Sinai le Tavole della Legge. In questa antifona, cioe', Cristo viene presentato come il Messia tradizionale, il condottiero degli eserciti di Israele, che guidera' il suo popolo verso la salvezza.
Oggi e' Santa Lucia, il giorno piu' corto che ci sia, come recita il proverbio: ed era effettivamente cosi' prima della riforma gregoriana del calendario, che riporto' il solstizio d'inverno al 21/22 dicembre: prima della riforma del 1582, il solstizio cadeva il giorno 11/12, per cui la notte del 12 dicembre era effettivamente la piu' corta dell'anno.
A Udine (come a Verona e in molti altri comuni del Nord e del Sud), Santa Lucia (da noi friulani chiamata Sante Lussie) e' festeggiata con entusiasmo da tutti i piccini: io da piccolo mettevo un bicchiere di latte sul tavolo, un po' di paglia per l'asinello fuori dall'uscio di casa, e poi subito a letto, che la Santa non ci trovasse ancora alzati, senno' ci avrebbe portato il carbone! Oggi pero' mi ha letteralmente commosso il racconto fatto da "Primula", una scrittrice che tiene un blog delicatissimo, con i suoi ricordi e meditazioni varie. Leggetelo, merita! ![]() Il 12 luglio e' la festa dei Santi Ermacora (o Ermagora) e Fortunato, patroni della chiesa di Aquileia (e quindi di tutto il Friuli), di Udine e svariati comuni friulani (Buja, Pocenia, Remanzacco, Trasaghis, Savogna...). Di Ermacora si sa pochissimo, tranne che compare come primo nella lista dei vescovi di Aquileia: secondo la tradizione, sarebbe stato inviato da San Marco a evangelizzare il nord-est dell'Italia (a sua volta, San Marco sarebbe stato inviato da San Pietro, in una versione alternativa della leggenda, versione questa nata forse per ristabilire il primato romano sulla diocesi di Aquileia: e cosi' e' infatti rappresentato nel mosaico in San Marco a Venezia). Fortunato sarebbe stato il suo diacono: entrambi avrebbero subito il martirio durante la persecuzione di Nerone. La popolarita' dei due santi supera i confini della regione Friuli: sant'Ermacora fu oggetto di culto anche nella vicina Slovenia (varie localita' portano il nome di Sveti Mohor) e in Carinzia (la citta' di Hermagor). La sera del 12 luglio, alle 19:00, in un'atmosfera estremamente suggestiva, si tiene la solenne concelebrazione nella antichissima basilica di Aquileia, presenti tutti e quattro i vescovi della regione (Udine, Gorizia, Trieste e Pordenone-Concordia), il vescovo di Lubiana e quello di Klagenfurt, a sancire l'unita' del vecchio patriarcato di Aquileia (soppresso nel 1751).
Il nome di Ermacora e' legato anche a eventi piu' conviviali: la sagra di "Sant Ramacul" a Buja, a nord di Udine, e a Chions di Pordenone. E pure al famoso burlaç di Sant Ramacul, il temporale che spesso spazza i cieli friulani proprio nella giornata dedicata al santo patrono. |
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Last modified 12/30/2022