Oggi (venerdi' 23 maggio) esce il numero settimanale di Science dedicato alla diseguaglianza, che sembra emergere prepotentemente ovunque nel mondo.
Nuovi dati sulle dichiarazioni dei redditi USA (che sono un po' piu' serie delle nostre...) confermano la cosiddetta "legge dell'un percento": 1% della popolazione USA controlla il 20% della ricchezza.
Gli economisti usano quantificare la diseguaglianza con l'indice di Gini, che e' la differenza fra una distribuzione uniforme (indice=0) e il caso totalmente diseguale (tutta la ricchezza nelle mani di una sola persona, indice=1). Molte teorie economiche indicano in 0.36 un valore-limite per la stabilita' e la coesione sociale.
L'indice di Gini USA del 2010 e' 0.4, che quindi sarebbe sopra-soglia, in Giappone 0.32, ma in Sudafrica e' addirittura 0.7.
In Cina e' passato da 0.4 nel 2005, a piu' di 0.6 nel 2012, e continua a crescere, nonostante le teorie economiche prevalenti in Occidente ci dicano che l'indice di Gini dovrebbe diminuire con l'aumentare del PIL (secondo una curva che estrapola l'andamento dell'Occidente nel XX secolo, la "curva di Kuznets", al PIL attuale della Cina dovrebbe corrispondere un indice di Gini di 0.3, non di 0.6). Ma i cinesi sono stranamente molto tolleranti sulle differenze economiche, a differenza degli Europei in particolare.
Questo indicherebbe che uno dei "mantra" preferiti dagli economisti, che cioe' il mercato stesso a un certo punto "livella" le differenze sociali, sia errato: senza un adeguato intervento politico, le differenze non si livellano da sole.
Che Marx avesse ragione?

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